Cerca nel blog

inicjalization...shoutbox

lunedì 25 luglio 2011

Bindi: «Non voglio vedere il Pd morire come la Dc»

di Francesca Schianchi - da La Stampa

Le tensioni nella maggioranza, l'ipotesi di un governo di responsabilità, le alleanze future. Ma la presidente del Pd Rosy Bindi parla anche di questione morale, e su Tedesco commenta: «Ho visto morire la Dc perché c'erano i corrotti, non voglio vedere il mio nuovo partito turbato da un ex socialista».

Partiamo da qui: c'è una questione morale nel Pd?
«Penso che una questione morale sia nella politica e forse anche nel Paese. Come sfiducia nel Parlamento, distanza tra eletti ed elettori... Se però intendiamo corruzione dilagante, questo riguarda altri partiti. Per pesantezza delle accuse e numero di indagini, a partire dal premier, è nella maggioranza che pesa un conflitto di interessi deviante per un uso corretto della funzione politica. Nel Pd i singoli casi sono affrontati con rigore: chi non dimostra la propria estraneità viene invitato a un passo indietro, e normalmente lo fanno tutti».

Non il senatore Tedesco: si è scagliato contro di lei che lo ha chiesto, l'ha definita «da scomunica».
«Tedesco ormai non fa più parte del mio partito, ma non mi va neanche che il Pd paghi per il tempo che c'è stato. Tra l'altro ha dimostrato un altro aspetto odioso dell'uomo di potere, la misoginia, prendendosela solo con me e la Serracchiani... Sono contro la carcerazione preventiva, ma se le celle sono piene di poveri cristi, la classe politica non può farsi scudo delle sue funzioni per assicurarsi l'impunità. Comunque il problema è che non si può combattere il conflitto d'interessi di Berlusconi e poi nominare assessore alla sanità una persona che ha in famiglia qualcuno che vende apparecchiature mediche».

Quindi ci sono responsabilità di chi l'ha nominato e di chi l'ha indicato?
«Non so di chi sia la responsabilità. Ma, a parte i singoli casi, è arrivato il momento di affrontare un sistema, la concezione che abbiamo della politica. Dobbiamo capirci su come concepiamo l'esercizio del potere e il rapporto tra politica ed economia. Forse è il momento di prevedere pure le sanzioni nel codice etico».

Anche Penati dovrebbe dimettersi?
«Del caso Penati sottolineo che il Pd ha dimostrato la sua estraneità al finanziamento illecito: se c'è stato, è stato in un altro partito, non nel Pd. Se Penati non riuscisse a dimostrare la sua estraneità, progressivamente dovrebbe distinguere la sua posizione da quella del partito e delle istituzioni».

Sono casi giudiziari a mettere alla prova la maggioranza: dopo il voto su Papa ci sarà quello su Milanese, cosa farà la Lega?
«Penso che la Lega abbia già mandato un avviso di non disponibilità su questi argomenti. E che le norme ad personam non siano più molto praticabili in questo momento».

Intanto anche oggi ci sono state tensioni tra Pdl e Lega sui ministeri al nord...
«Una vicenda ridicola e penosa. Questa maggioranza non c'è più. Dopo i risultati delle amministrative, la Lega ha deciso di riprendersi un po' di autonomia ma, al di là del voto che metà dei leghisti hanno dato su Papa, il resto è folklore. Non si può tenere il Paese ostaggio di un governo che non c'è più: per questo chiediamo le sue dimissioni».

E dopo?
«Il Paese ha bisogno di un cambiamento profondo, che in parte interpella perfino noi: anche al Pd si chiede di fare un salto di qualità. L'unico ulteriore gesto di responsabilità che ci può essere chiesto è quello di sostenere un governo del presidente della Repubblica, guidato da una personalità di prestigio internazionale».

No quindi alla proposta di Fini di fare indicare al Pdl un premier alternativo a Berlusconi...
«Non facciamo la stampella di questa maggioranza. Non basta che se ne vada Berlusconi: tutto il governo deve fare un passo indietro. Poi ci deve essere una fase di qualche mese per approvare la legge elettorale, diminuire il numero dei parlamentari e fare alcuni chirurgici cambiamenti costituzionali. Non le buffonate della bozza Calderoli».

Non le piace la riforma costituzionale di Calderoli?
«È un'altra arma di distrazione di massa. L'unica cosa vera che potremmo fare è una proposta parlamentare, depositata da tutti i gruppi, per diminuire il numero di deputati e senatori. Se invece attaccano altro a questa proposta, allora vuol dire che non vogliono farlo veramente».

Qualche mese e poi alle urne, quindi: con chi?
«Sono affezionata alla proposta lanciata la scorsa estate da Bersani, l'idea di un nuovo Ulivo. Il Pd dovrebbe adoperarsi per costruire una nuova alleanza coi suoi alleati storici, Vendola e Di Pietro, perché lì c'è una contiguità dell'elettorato, un radicamento sociale che le ultime consultazioni hanno dimostrato. Poi vorremmo che il Pd con la sua leadership fosse garante di una coalizione che si allarga ai moderati».

Quindi al Terzo Polo.
«Certo. Mi pare che i nostri elettori si siano già mischiati: ricordo che nella giunta Pisapia c'è un assessore che si chiama Tabacci. Con questa legge elettorale vinceremmo noi anche andando da soli, ma le riforme e la ricostruzione della vita democratica che sono da fare richiedono un'ampia alleanza alla guida del Paese».

Un'allenza da Vendola a Fini?
«Evito di fare nomi. Ma noto che chi oggi sta all'opposizione ha finito in questi anni per ritrovarsi su certi valori: la Bossi-Fini l'ha fatta Fini, eppure oggi sugli immigrati la pensa come me. Bisognerà fare fatica ad affinare i programmi, ma la prova va fatta. Esclusioni reciproche, in questo momento, sarebbero da irresponsabili».

Nessun commento:

Post più popolari

Pagine

Elementi condivisi


Archivio blog

News Internazionali

Il Fatto Quotidiano

Oggi nella Blogosfera

Cittadinanza già per le seconde generazioni?