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domenica 24 luglio 2011

Ragazza pakistana tenta il suicidio a Bologna


La 16enne voleva evitare le nozze imposte dalla famiglia
E la Procura apre un fascicolo per istigazione al suicidio



Una ragazza pakistana di 16 anni ha tentato di uccidersi bevendo acido muriatico per non subire l'imposizione del padre e del fratello, che avevano combinato le nozze con un connazionale che lei non voleva, ed è stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale Sant'Orsola di Bologna. È accaduto a fine giugno e dopo dieci giorni trascorsi nel reparto di Rianimazione, superata la fase iperacuta e fatta la tracheotomia, è stata trasferita in Pediatria, il reparto diretto dal professor Mario Lima, lo stesso che segue la situazione clinica delle gemelline siamesi.
La ragazza è assistita solo dalla madre, poichè il Tribunale dei minori ha allontanato padre e fratello dalla famiglia con un provvedimento d'urgenza. Non possono avvicinarsi alla giovane, e se lo facessero verrebbero arrestati. La polizia era stata avvisata dallo stesso primario della Rianimazione, Stefano Faenza, insospettito dal fatto che in reparto la ragazza era stata cercata da un pakistano che diceva di essere il fratello, ma che dai documenti risultava avere un altro cognome. Solo pochi giorni fa nel capoluogo emiliano era emerso il caso di un'altra giovane pachistana segregata in casa per settimane, perchè voleva vivere all'occidentale. Una situazione simile ad altre precedenti, ancora più gravi, come quella di Hina, la ventenne pachistana uccisa nel 2006 nel Bresciano dal padre che non condivideva il suo stile di vita, o della diciannovenne Nosheen, ferita dal padre e dal fratello nell'ottobre dello scorso anno a Novi (Modena), mentre la madre fu uccisa a pietrate dal marito. La ragazza ricoverata al Sant'Orsola, intanto, sta seguendo terapie specifiche per evitare un'operazione all'esofago, che però potrebbe rivelarsi comunque necessaria.
Sulla vicenda è intervenuta anche il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna: «Quella della sedicenne pakistana di Bologna istigata al suicidio dalla decisione della famiglia di imporle nozze combinate è una nuova, triste storia di mancata integrazione. Una storia che poteva essere risolta molto prima, rivolgendosi alla Polizia e sporgendo denuncia». Il ministro invita tutte le donne vittime di violenza a denunciare lo stalking: «Ogni donna deve trovare il coraggio di denunciare tentativi di sopraffazione e violenza, senza timore, sicura che lo Stato è dalla parte delle vittimeLe nostre leggi garantiscono pari diritti alle donne ed agli uomini: imporre il matrimonio ad una figlia è un reato grave, punito duramente», sottolinea Carfagna. «In Italia ci sono leggi come quella contro lo stalking, che consentono di liberarsi delle persecuzioni, comprese quelle della famiglia di origine e dai matrimoni combinati. Leggi che hanno già liberato molte donne e portato i loro persecutori in carcere, leggi che le giovani immigrate devono utilizzare», aggiunge Carfagna. «A questa nuova vittima e a tutte le ragazze, immigrate e non, che vivono storie come la sua, voglio dire che non sono sole e che la libertà è un valore a cui non devono rinunciare», conclude il Ministro.
La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo, come atto dovuto e al momento contro ignoti. L'autorità giudiziaria indaga per istigazione al suicidio, ipotesi di reato che potrebbe trasformarsi in quella di maltrattamenti; si valuta inoltre quella della violenza privata. A quanto si è appreso, la sedicenne fu 'scopertà a fine giugno dal fratello mentre telefonava a un giovane connazionale. Da qui la lite, con la ragazza che si chiuse in bagno e ingerì l'acido.

23 luglio 2011

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