Il 6 maggio lavoratori provenienti da ogni parte di Italia si incontreranno a Roma per partecipare allo sciopero generale per i diritti indetto dalla Cgil. Alla manifestazione è prevista anche la partecipazione di molti migranti. Negli ultimi anni il nostro paese ha importato circa duecentomila lavoratori stranieri l'anno, ma secondo alcuni economisti da qui al 2050 sono previsti grandi cambiamenti nei flussi migratori, che porteranno all'abbandono da parte dei lavoratori migranti dei paesi piu colpiti dalla crisi. "Se questa tendenza sarà confermata comporterà una perdita secca per il nostro paese, perchè i migranti offrono un contributo decisivo al sistema economico nel suo complesso, sia dal punto di vista demografico che economico" commenta Marco Revelli, sociologo esperto in processi produttivi e capo della Commisione d'indagine sull'esclusione sociale. "Dai dati che abbiamo raccolto tra il 2009 e il 2010 con l'acuirsi della crisi anche i settori che vedono impiegati soprattutto i migranti, come quello delle badanti, che avevano resistito nei primi anni del declino, sono stati duramente colpiti".
Nel suo ultimo libro, "Poveri noi", Marco Revelli dipinge un'Italia fragile economicamente, politicamente e moralmente. "E' difficile immaginare in tempi brevi una via d'uscita, perchè la tendenza al declino è stata lunga. C'è stata una falsa rappresentazione della cattiva modernizzazione italiana: si parlava di crescita quando in realtà la nostra economia non cresceva. Uscire da questo declino vorrebbe dire svoltare di 180 gradi rispetto alle linee prevalenti che hanno caratterizzato l'ultimo ventennio, basato su un neoliberismo individualistico che ha favorito la frammentazione e il rifiuto di processi di coesione e solidarietà, influenzando pesantemente le politiche pubbliche". Servizio a cura dell'Agenzia Amisnet.
Nel suo ultimo libro, "Poveri noi", Marco Revelli dipinge un'Italia fragile economicamente, politicamente e moralmente. "E' difficile immaginare in tempi brevi una via d'uscita, perchè la tendenza al declino è stata lunga. C'è stata una falsa rappresentazione della cattiva modernizzazione italiana: si parlava di crescita quando in realtà la nostra economia non cresceva. Uscire da questo declino vorrebbe dire svoltare di 180 gradi rispetto alle linee prevalenti che hanno caratterizzato l'ultimo ventennio, basato su un neoliberismo individualistico che ha favorito la frammentazione e il rifiuto di processi di coesione e solidarietà, influenzando pesantemente le politiche pubbliche". Servizio a cura dell'Agenzia Amisnet.
Nessun commento:
Posta un commento