Il modello proposto dal Pacchetto sicurezza non tiene conto delle differenze di genere, dei livelli di scolarizzazione e delle condizioni di lavoro.
La Rete delle scuole di italiano per migranti attive a Bologna si esprime contro l’Accordo di integrazione predisposto dal Ministero dell’interno.
Le sei scuole che compongono la rete, che accolgono ogni anno circa mille allievi, hanno scritto in una lettera aperta agli insegnanti di italiano per stranieri per spiegare i motivi del dissenso. “Stabilire una soglia universale di conoscenza della lingua al di sotto della quale gli individui restano o tornano ‘clandestini’ – spiega la lettera – stravolge e nega in partenza ogni ipotesi di integrazione”.
Il test d’italiano, in altre parole, “punisce e non favorisce l’integrazione – spiega Neva Cocchi di “Ya Basta!” a Redattore Sociale – si usa la conoscenza della lingua come pretesto per negare il permesso di soggiorno”.
Il cittadino straniero, secondo l’accordo, dovrebbe raggiungere un livello di certificazione A2 per restare in Italia: “è un livello equivalente al Toefl per la lingua inglese – continua la Cocchi –, un test impossibile da superare per chi non è già scolarizzato”.
Il modello proposto dal Pacchetto sicurezza, inoltre, non tiene conto delle variabili: le differenze di genere, i livelli di scolarizzazione, e soprattutto “le condizioni di lavoro, che spesso rendono impossibile per i migranti svolgere altre attività fuori da quelle lavorative”. E mentre pone la conoscenza dell’italiano come un vincolo per gli stranieri, lo Stato non fa niente per metterli in condizione di apprendere la “nuova” lingua. “Di fatto lo Stato si deresponsabilizza rispetto ai suoi doveri di assicurare le condizioni indispensabili affinché tutti i migranti possano raggiungere standard soddisfacenti di qualità della vita – continua la lettera –. Basta pensare alla costante riduzione, verso l’azzeramento, di ogni risorsa utile all’alfabetizzazione ed alla mediazione linguistica e culturale”.
La Rete delle scuole di italiano per migranti attive a Bologna si esprime contro l’Accordo di integrazione predisposto dal Ministero dell’interno.
Le sei scuole che compongono la rete, che accolgono ogni anno circa mille allievi, hanno scritto in una lettera aperta agli insegnanti di italiano per stranieri per spiegare i motivi del dissenso. “Stabilire una soglia universale di conoscenza della lingua al di sotto della quale gli individui restano o tornano ‘clandestini’ – spiega la lettera – stravolge e nega in partenza ogni ipotesi di integrazione”.
Il test d’italiano, in altre parole, “punisce e non favorisce l’integrazione – spiega Neva Cocchi di “Ya Basta!” a Redattore Sociale – si usa la conoscenza della lingua come pretesto per negare il permesso di soggiorno”.
Il cittadino straniero, secondo l’accordo, dovrebbe raggiungere un livello di certificazione A2 per restare in Italia: “è un livello equivalente al Toefl per la lingua inglese – continua la Cocchi –, un test impossibile da superare per chi non è già scolarizzato”.
Il modello proposto dal Pacchetto sicurezza, inoltre, non tiene conto delle variabili: le differenze di genere, i livelli di scolarizzazione, e soprattutto “le condizioni di lavoro, che spesso rendono impossibile per i migranti svolgere altre attività fuori da quelle lavorative”. E mentre pone la conoscenza dell’italiano come un vincolo per gli stranieri, lo Stato non fa niente per metterli in condizione di apprendere la “nuova” lingua. “Di fatto lo Stato si deresponsabilizza rispetto ai suoi doveri di assicurare le condizioni indispensabili affinché tutti i migranti possano raggiungere standard soddisfacenti di qualità della vita – continua la lettera –. Basta pensare alla costante riduzione, verso l’azzeramento, di ogni risorsa utile all’alfabetizzazione ed alla mediazione linguistica e culturale”.
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