Milano, 30 set. (Adnkronos Salute) - In Italia è boom di talassemici. Lo Stivale ha già sfondato quota 7 mila pazienti. E il trend in crescita è trainato dagli immigrati. Gli stranieri con emoglobinopatie sono sempre più numerosi e l'aumento di pazienti del 40% registrato nelle regioni del Nord è dovuto quasi interamente a loro. Non a caso: le aree del mondo più colpite sono il Mediterraneo, il Sudest asiatico e il Nord Africa e i flussi migratori hanno come meta perlopiù la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, la Liguria. Da qui il 'paradosso del Nord', come lo definiscono gli esperti: se è vero che la maggior parte dei pazienti italiani è concentrata nel Sud, area storicamente a rischio, gli stranieri stanno contribuendo a pareggiare i conti.L'Italia della talassemia è stata fotografata da un censimento condotto tra il 2008 e il 2010 nei 134 Centri italiani di cura della talassemia. I dati, diffusi oggi, sono quelli di una "malattia emergente", spiegano gli specialisti che a Milano hanno presentato il VI Congresso della Società italiana talassemie ed emoglobinopatie (Site), ospitato da oggi a sabato 2 ottobre nella sede dell'università Statale e della Fondazione Policlinico del capoluogo lombardo. La distribuzione dei malati extracomunitari di emoglobinopatie, malattie del sangue genetiche ed ereditarie, "è concentrata per il 74,8% nelle regioni del Nord Italia. Il resto è diviso fra il Centro (13,1%) e il Sud (8,3%)", rileva Lucia De Franceschi, professore di medicina interna della Facoltà di medicina dell'università di Verona. Numeri da cui scaturiscono diversi problemi. Su tutti il fatto che "frequentemente il migrante non conosce i centri dedicati a queste patologie e finisce con il presentarsi direttamente nei Dipartimenti di emergenza quando sta male", avverte l'esperta. Quando un giovane di colore arriva in Pronto soccorso "in piena crisi falcemica (eventi acuti che caratterizzano la malattia) - osserva Maria Domenica Cappellini, direttore dell'Unità operativa di medicina interna del Policlinico di Milano e presidente del Congresso - rischia di morire in poche ore e non gli si può assegnare un codice bianco, bollandolo come caso non urgente, solo perché non si riconosce subito il problema. Bisogna fare cultura sulla malattia. Le istituzioni devono muoversi". "L'analisi dei dati ricavati in Veneto da indicatori sanitari nella popolazione pediatrica con una di queste emoglobinopatie evidenzia un aumento del 40% delle richieste di cure rispetto ai primi anni del 2000", spiega De Franceschi. "Questo trend è del tutto sovrapponibile a quanto accade nelle altre regioni del Nord, a cominciare dalla Lombardia", dove sono stati già censiti 700 pazienti con talassemia major o intermedia e più di 200 casi di anemia falciforme (dato parziale). I pazienti extracomunitari rappresentano all'incirca il 4,8%. Arrivano dall'Africa (56%), dall'Europa dell'Est (25%), dal Sudest Asiatico (14%), da Centro e Sud America (5%). Ma in Italia l'esercito di talassemici si allarga anche per un dato positivo: aumenta la sopravvivenza dei malati. Oggi l'età media è 35 anni e si vive oltre i 40-50 anni, mentre fino a due decenni fa non si superavano i 20 anni. Progressi resi possibili dalla diagnosi precoce, dall'inizio tempestivo della terapia trasfusionale, dallo sviluppo della terapia chelante e dal miglioramento delle tecniche di trapianto di midollo osseo. I pazienti si concentrano soprattutto in Sicilia, Sardegna e regioni meridionali, e nel Delta del Po; 2,5 milioni sono invece i portatori sani. Nel mondo ogni anno nascono circa 300 mila bambini affetti da talassemia, anche se con la diagnosi precoce in alcune zone (Ferrara, per esempio) hanno quasi azzerato i nuovi nati con la patologia. Nuove frontiere, intanto, potrebbero aprirsi anche sul fronte delle terapie: "In questo mese - ricorda Cappellini - un gruppo di scienziati francesi ha pubblicato su 'Science' un lavoro su un primo caso di paziente talassemico trattato con la terapia genica, che prevede l'uso di cellule staminali geneticamente corrette. Un grande passo avanti, ma va chiarito con onestà nei confronti dei pazienti che la corsa non è finita. Abbiamo le basi tecniche, ma restano molte incognite nell'applicazione all'uomo. Ci auguriamo tutti che la terapia genica diventi una realtà in tempi non troppo lunghi".
giovedì 30 settembre 2010
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