Roma - 6 luglio 2010 – “Abbiamo bisogno dello status di rifugiati. Stiamo morendo nel deserto”. È l’appello di duecentocinquanta eritrei imprigionati ad Al Braq nel sud della Libia. Tra loro ci sono anche donne e bambini, e un gruppo di persone che dicono di essere stati respinte dall’Italia mentre cercavano di raggiungere le coste della Sicilia.
“Siamo stati semplicemente ammassati in una stanza, che ci serve per dormire, mangiare , andare in bagno. Non abbiamo materassi, non abbiamo niente. Non c'è acqua da bere, non c'è abbastanza cibo. Ci torturano a tutte le ore. Ci insultano, ci picchiano, ci torturano. Abbiamo bisogno di aiuto da parte della comunità internazionale” ha detto uno di loro a CNRMedia.
Le autorità libiche sarebbero intenzionate a rimpatriarli, ma “se rinviate in Eritrea, queste persone rischiano di subire la tortura, punizione riservata ai colpevoli di 'tradimento' e diserzione" denuncia Amnesty International. L’associazione internazionale chiede al governo di Gheddafi di rispettare il principio internazionale del “non respingimento” verso paesi “la vita, l'integrità fisica e la libertà personale potrebbero essere minacciate”.
Ieri il Consiglio Italiano dei Rifugiati ha chiesto al governo di trasferire e reinsediare gli eritrei in Italia, ma Maurizio Massari, portavoce del ministro degli Esteri Franco Frattini, ha detto che l’Italia “è pronta a fare la sua parte” solo “nel quadro di un'azione Ue. “Non si capisce – ha aggiunto Massari - perche' solo l'Italia si debba fare carico di questi rifugiati e del problema dei rifugiati in generale, abbiamo sempre sollecitato un intervento solidale della Ue, ma non e' arrivato”.
“Il governo italiano ha scelto la linea dura e cinica del silenzio, un muro di gomma d'indifferenza che con il passare delle ore diventa complicità e avallo implicito dello scellerato e criminale operato del governo libico” attacca Jean Leonard Touadi, del Partito Democratico. Il parlamentare punta il dito contro il trattato tra Roma e Tripoli, e denuncia che “la vita di migliaia di persone e' in pericolo nei campi di detenzione libici”.
sabato 28 agosto 2010
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