Rituali etiopi: un caffè con calma e la tavola è benedetta
“Prendete tempo per preparare il caffè e Dio benedirà voi e la vostra tavola. Dove viene servito il caffè ci sono grazia e splendore, amicizia e felicità”. Forse nulla, più di questo verso del poema del XVI secolo scritto in lode del caffè da Sheikh Ansari Abd al Kadir (detto il santo del caffè), riflette lo spirito della cerimonia etiope legata a questa bevanda.
Un po’ ovunque la pausa del caffè è un piccolo rito, ma la lentezza anacronistica e la bellezza dei dettagli di questa cerimonia in Etiopia ne fanno un’esperienza unica.
Si può assistere a questo rito nella maggior parte dei ristoranti, ma l’ideale è esservi invitati, in segno di amicizia, da una famiglia locale. Un proverbio etiope dice che chi non ha nessuno con cui bere il caffè non ha amici.
Una curiosità: il caffè si chiama così perché fu scoperto nella regione etiope di Kaffa, ma gli etiopi lo chiamano bunna.
Una donna della famiglia, che indossa l’abito tradizionale bianco con i bordi ricamati, inizia la cerimonia spargendo in terra delle foglie di eucalipto, per creare internamente un ambiente simile a quello esterno, poi si siede su un piccolo sgabello davanti ad un braciere e, dopo aver lavato i chicchi, li tosta in un padellino dal manico lungo. Mentre alle orecchie arriva il suono dei chicchi che vengono agitati nel padellino e scoppiettano, il profumo del caffè, mescolato a quello dell’incenso, diventa inebriante. Prima di macinare i chicchi di caffè la donna fa un giro fra gli ospiti affinché tutti sentano l’odore magico dei chicchi appena tostati. Questi poi vengono macinati e fatti bollire nella jebena - la tipica brocca di terracotta - sul braciere.
L’esperienza sensoriale giunge al culmine quando si beve il primo sorso dalla tazzina sini senza manico… Quello che stiamo bevendo è probabilmente il migliore: l’aroma è deciso ma vellutato, il contenuto di caffeina è basso. Assieme al caffè vengono serviti cereali tostati e pezzetti di pane dolce fritto. In questi momenti è buona educazione lodare la padrona di casa per la sua abilità nel preparare il caffè.
Se ci si trova in un ristorante, normalmente la cerimonia termina a questo punto, se invece si è ospiti di una famiglia, che ci ha invitati a questa cerimonia per suggellare la nostra amicizia, seguiranno altri due giri.
Il terzo giro è bereka, cioè benedetto, e sono i fondi del bereka che si usano per l’eventuale lettura del futuro.
Dopo il giro benedetto si può anche andare via, il punto è che non si ha mai voglia di andare. Non si ha voglia perché si è in compagnia di amici. Perché si è felici, splendidi. E benedetti.
Un po’ ovunque la pausa del caffè è un piccolo rito, ma la lentezza anacronistica e la bellezza dei dettagli di questa cerimonia in Etiopia ne fanno un’esperienza unica.
Si può assistere a questo rito nella maggior parte dei ristoranti, ma l’ideale è esservi invitati, in segno di amicizia, da una famiglia locale. Un proverbio etiope dice che chi non ha nessuno con cui bere il caffè non ha amici.
Una curiosità: il caffè si chiama così perché fu scoperto nella regione etiope di Kaffa, ma gli etiopi lo chiamano bunna.
Una donna della famiglia, che indossa l’abito tradizionale bianco con i bordi ricamati, inizia la cerimonia spargendo in terra delle foglie di eucalipto, per creare internamente un ambiente simile a quello esterno, poi si siede su un piccolo sgabello davanti ad un braciere e, dopo aver lavato i chicchi, li tosta in un padellino dal manico lungo. Mentre alle orecchie arriva il suono dei chicchi che vengono agitati nel padellino e scoppiettano, il profumo del caffè, mescolato a quello dell’incenso, diventa inebriante. Prima di macinare i chicchi di caffè la donna fa un giro fra gli ospiti affinché tutti sentano l’odore magico dei chicchi appena tostati. Questi poi vengono macinati e fatti bollire nella jebena - la tipica brocca di terracotta - sul braciere.
L’esperienza sensoriale giunge al culmine quando si beve il primo sorso dalla tazzina sini senza manico… Quello che stiamo bevendo è probabilmente il migliore: l’aroma è deciso ma vellutato, il contenuto di caffeina è basso. Assieme al caffè vengono serviti cereali tostati e pezzetti di pane dolce fritto. In questi momenti è buona educazione lodare la padrona di casa per la sua abilità nel preparare il caffè.
Se ci si trova in un ristorante, normalmente la cerimonia termina a questo punto, se invece si è ospiti di una famiglia, che ci ha invitati a questa cerimonia per suggellare la nostra amicizia, seguiranno altri due giri.
Il terzo giro è bereka, cioè benedetto, e sono i fondi del bereka che si usano per l’eventuale lettura del futuro.
Dopo il giro benedetto si può anche andare via, il punto è che non si ha mai voglia di andare. Non si ha voglia perché si è in compagnia di amici. Perché si è felici, splendidi. E benedetti.
foto © Aleksandar Milosevic | Dreamstime.com
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