
Un agricoltore, Pititto, 57 anni, rende schiavo un immigrato ghanese, lo maltratta e lo costringe a lavorare fino a 20 ore giornaliere. Succede a Reggio Calabria, nel profondo e “accogliente” meridione, sulla punta dello stivale.
L’uomo è stato arrestato a Cessaniti con molteplici accuse per un’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Reggio Calabria.
Questo, tuttavia, non è certamente un caso isolato. Agli occhi di tutti coloro che frequentano per un motivo o un’altro le campagne calabresi durante i raccolti è evidente che la manodopera a nero, molto abbondante, se non prevalente, è costituita in maggior parte da poveracci immigrati senza alcuna alternativa. Uomini, bambini e donne in molte aziende agricole vengono sfruttati fino all’osso e sottopagati. In alcuni casi lo sfruttamento, come in quest’ultimo, sfociano in abusi psicologici e fisici ancor peggiori, vicini alla tortura. Il problema è più serio di quanto viene descritto dalla maggior parte delle agenzie di stampa. Non è possibile continuare a rimanere indifferenti.
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