
Due cose ci suggerisce oggi questo film, assolutamente da vedere.
Per prima cosa, ci mostra come e con che difficoltà arrivano gli immigrati dai loro paesi e soprattutto come vivono nell’attesa di raggiungere la meta sperata, bloccati a Calais o, per fare un altro nome, a Lampedusa. Raccontando la storia di Bilal, un ragazzo diciassettenne che l’anagrafe ci rivela essere nato nel recente 1991, il regista Philippe Lioret dipinge le tinte scure di un viaggio animato dalle più luminose speranze. Bilal impiega tre mesi per fuggire dal bellicoso Iraq e raggiungere Calais, e altri due mesi di disperata e speranzosa attesa per passare la Manica e raggiungere un lavoro, il sogno di giocare nel Manchester United e la ragazza amata, residente a Londra con il privilegio del visto.
E’ la storia di un viaggio fisico, cioè impregnato di dolorosa fisicità, e umano. Bilal affronta difatti un percorso di crescita, di formazione, di scontro con le difficoltà della realtà. Ma da diciassettenne rimane fino alla fine un sognatore, fino al progetto e all’azzardo di attraversare la Manica a nuoto.
Per affrontare il “folle volo” frequenta delle lezioni di nuoto trovando l’istruttore Simon, l’unico amico che lo saprà davvero aiutare e capire, remando contro tutto e tutti.
In secondo luogo, il film svela dunque le difficoltà che le leggi sull’illegalità dei clandestini procurano anche a chi cerca di portare loro aiuto. Ci racconta di una polizia che somiglia terribilmente alla STASI dipinta nel film “La vita degli altri”. Si controlla a chi Simon dà un passaggio, chi ospita in casa, chi frequenta la sua piscina, si cerca di fare terra bruciata attorno all’istruttore. Il solito trattamento riservato a chi si occupa di questioni così spinose. L’ispettore è chiarissimo:“Più se ne aiutano più ne arriveranno. Calais non può diventare un campo di accoglienza a cielo aperto”; (come non notare l’analogia con i discorsi del nostro ministro La Russa all’ultima puntata di Anno Zero “è come un rubinetto. Finché si spostano i clandestini nei centri continueranno ad arrivarne. Bisogna chiudere il rubinetto”). Più che lungimiranza socio-politica, il film così come le notizie quotidiane ci gettano in faccia l’incapacità d’analisi sfociante in una risposta demagogica e repressiva. Destinata a durare poco e sempre a fallire.
Un’ultima considerazione di carattere più generale: nel film l’ex moglie di Simon lo accusa di omertà per non aver difeso degli immigrati ai quali i dirigenti di un supermercato non permettevano di entrare. Lo apostrofa così: “Sai cosa vuol dire non fare più entrare la gente nei negozi o vuoi che ti compri un libro di storia?”. La minaccia della chiusura della popolazione e della società civile è dietro le porte, soprattutto dietro a quelle che hanno davanti un tappeto con scritto Welcome.
Il film dimostra però anche che è proprio l’omertoso e solitario Simon che sarà in grado, non solo di aiutare Bilal, ma di farlo a spese personali.
E’ dunque per questi motivi che è importante guardare (o riguardare) questo film in questi giorni: i cinquemila (?) libici o meglio nord-africani che stazionano nel nostro paese non hanno (umanamente) molte differenze con i personaggi di questo film. Le reazioni che li circondano non tanto da parte della popolazione ma da parte delle istituzioni, sono paurosamente simili. Il porto di Calais sarà agli occhi dell’odierno spettatore un po’ come lo scoglio di Lampedusa. E per capire meglio non solo gli eventi storici ma anche le vicende umane che vi ruotano attorno, questo film può essere una buona partenza.
In ogni tempo, dal Mar Rosso al Mediterraneo alla Manica, gli esodi sono fughe dal dolore, ancora dolori, ostacoli, prove e infine la speranza della terra promessa e dell’accoglienza. L’esodo, dunque, è fin dalle origini della Storia e della psicologia umana un’esperienza di necessità e contingenza ma anche una metafora delle sfide e delle difficoltà da superare per raggiungere un bene promesso. Ogni clandestino ha il suo Mar Rosso da attraversare. Se i politici che oggi parlano di ‘Esodo’ lo fanno per indicare la quantità e la portata eccezionali dei flussi migratori, l’Esodo è invece il racconto del fenomeno migratorio come costante di ogni società umana e di ogni singola esistenza.
Non maltratterai lo straniero e non l’opprimerai, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Es. 22.21
Se ancora non l'hai fatto ti consiglio di vedere
Nessun commento:
Posta un commento