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mercoledì 16 febbraio 2011

In fuga dalla Tunisia Maroni attacca l’Ue

Sono sbarcati in oltre 5000 a Lampedusa negli ultimi quattro giorni. Il ministro dell’Interno prima propone di militarizzare le coste maghrebine e poi scarica le colpe sull’Europa.

Poco più di un mese fa, la piazza salutava festante la fuga del presidente corrotto Ben Alì. Ma ora che la transizione è nella sua fase più caotica, sono ogni giorno di più quelli che seguono il suo esempio. Ieri a Lampedusa ne sono arrivati solo undici, ma nel giro di quattro giorni sono già oltre cinquemila i tunisini sbarcati sull’isola siciliana. Nel centro di identificazione ed espulsione c’erano ieri più di 2500 persone. Ne dovrebbe contenere non più di 800. Lampedusa non è l’unica meta: anche a Pantelleria e a Pozzallo, in provincia di Ragusa, sono stati registrati in questi giorni numerosi sbarchi. Per il ministro dell’Interno Maroni l’unica soluzione possibile è militarizzare le coste tunisine. Il capo del Viminale ha proposto l’invio di soldati italiani nel Paese magheribino per bloccare le partenze. A dir poco irritata la reazione del governo provvisorio: «Non accetteremo alcuna ingerenza».

Chi in questi giorni arriva a Lampedusa, parte soprattutto da Zarzis, sud della Tunisia. Poco lontano da Djerba, in tempi normali è un posto in cui arrivano in massa i turisti occidentali. Ma ora chi possiede imbarcazioni sufficientemente capienti, non le usa più per la pesca o per le escursioni turistiche. È molto più conveniente far attraversare ai propri connazionali i 200 chilometri di Mediterraneo che li separano dall’Italia: un viaggio costa infatti tra i mille e i duemila euro. Non sempre si riesce ad arrivare. Ieri un barcone è stato speronato da una motovedetta tunisina. In 29 sono affogati. Invece di due imbarcazioni, che si trovavano a poche decine di miglia da Lampedusa, si sono invece perse le tracce.

Quelli che invece riescono ad arrivare nell’isola siciliana vengono dirottati, tramite traghetti e un ponte aereo abbastanza precario (ieri è stato sospeso per tutto il giorno per avaria dei mezzi), verso altri centri in Sicilia e nel resto dell’Italia meridionale. Chi riesce a scappare, prova a proseguire il proprio viaggio verso Nord. È il caso dei 118 tunisini fermati ieri a Bologna a bordo di un Intercity, dopo aver abbandonato il centro di assistenza per i richiedenti asilo di Crotone. Il ministro dell’interno Maroni ieri ha provato a scaricare le colpe sull’Europa.

«Ciò che è capitato in Tunisia è paragonabile alla caduta del Muro di Berlino. Da tempo abbiamo fatto richieste alla Commissione europea che però non  ci ha dato risposte. L’Italia sta affrontando questa vicenda con le sole proprie forze», è l’accusa lanciata dal capo del Viminale. Dopo qualche ora è arrivata però la smentita della commissaria Ue responsabile per l’immigrazione Cecilia Malmstrom: «Abbiamo proposto la nostra disponibilità all’Italia ma ci è stato risposto no grazie». Il fatto è che, prima incassare il rifiuto dei tunisini alle motovedette italiane nel loro territorio, Maroni in realtà pensava di risolvere le cose a modo suo. Ma sulla linea della tolleranza zero sembra avere molti alleati tra i paesi europei. Germania, Francia e Malta hanno annunciato ieri, che quanto li riguarda “l’immigrato non passerà”. Insomma, pieni poteri a Maroni.
TERRA news

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