Una giornata di mobilitazione, quella di giovedì 18 novembre, a Roma e in molte città italiane per chiedere al Governo ''atti concreti e responsabili'' sul tema specifico della regolarizzazione dei lavoratori immigrati, protagonisti in queste ultime settimane di numerose richieste di aiuto e azioni di protesta. Le Acli parteciperanno con le altre organizzazioni sociali e sindacali a molte delle iniziative sul territorio.

Alla manifestazione, che si è svolta in contemporanea in 43 diverse città italiane, hanno aderito Acli, Antigone, Arci, Asgi, Cgil, Cir, Cnca, Emmaus Italia, Fcei, Libera, Terra del fuoco, Progetto diritti onlus e Sei-Ugl.
“C’è un bisogno di legalità in questo paese espresso in primo luogo dagli immigrati, ma anche dalle famiglie e dalle imprese, a cui è necessario dare una risposta – afferma Antonio Russo, responsabile nazionale area Immigrazione delle Acli. – Vogliamo aprire un tavolo di trattativa con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e con quello del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, perché venga affrontata questa emergenza, che ha visto il suo massimo picco nelle proteste di Brescia e di Milano”. “L’emergenza – precisa il responsabile immigrazione delle Acli, “è nata con la legge 102 del 2009 che prevedeva la regolarizzazione di colf e badanti”: una legge pensata per favorire l’emersione del lavoro nero, tant’è che le lavoratrici e i lavoratori “emersi” sarebbero circa 300 mila. “Ma quello che non si dice mai – continua Russo – è che per raggiungere l’obiettivo era previsto che le persone che facevano richiesta di regolarizzazione vedessero sospesi i procedimenti amministrativi a loro carico. Gli unici che non potevano usufruire di questa possibilità erano gli scafisti e i responsabili del reato di tratta. Eppure – precisa – la circolare Manganelli impedisce di ottenere il permesso di soggiorno a quanti sono stati oggetti di doppia espulsione, ovvero di doppio fermo di polizia”.
La richiesta delle organizzazioni, dunque, è quella di recepire la direttiva europea n.52 che permetterebbe di estendere la possibilità di usufruire dell’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione anche da parte di chi denuncia di essere stato costretto al lavoro irregolare. Una seconda richiesta è quella della proroga del permesso di soggiorno per chi, dopo aver perso il lavoro, ha tempo solo sei mesi per trovarne uno nuovo. “Sono innumerevoli i casi di lavoratori immigrati che hanno perso il permesso di soggiorno pur vivendo in Italia da anche venti anni con i loro figli e le loro famiglie. Se non riescono a trovare un nuovo lavoro nel giro di sei mesi – sottolinea Russo – diventano irregolari. Per la legge clandestini”. “Cosa farà l’Inps con i soldi delle persone che sono state truffate? – si chiede Raffaella Maioni, responsabile nazionale di Acli Colf –. Sono comunque soldi frutto di una truffa”. Il problema – secondo la responsabile di Acli Colf – è che “le truffe si sono innestate sulla regolarizzazione di colf e badanti”, per cui ora sarebbe “necessario creare canali strutturali di ingresso regolare per i migranti”.
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