La questione della cittadinanza italiana per i minori nati nel nostro Paese da genitori stranieri non può più essere rimandata. Se n’è parlato con insistenza in questi giorni nel mondo cattolico, riunito a Reggio Calabria per l’appuntamento tradizionale delle Settimane Sociali: 1200 delegati provenienti dalle 227 diocesi italiane per elaborare - era il tema di quest’anno - un’Agenda di speranza per il futuro del Paese.
Quale sia oggi il “sentimento” dei cattolici italiani nei confronti dei figli degli immigrati lo si evince inequivocabilmente da queste parole, contenute nel Documento preparatorio: «Per i loro genitori fare famiglia e figli in Italia è stato un atto importante, un modo per provare ad annodare il loro futuro al nostro. Quei bambini rappresentano per noi un frutto stupendo di quell’atto di fiducia e speranza. Rappresentano una realtà e una disponibilità che non debbono essere ignorate. Costituiscono forse il punto più giusto e più urgente da cui ripartire». Un sentimento al quale si aggiunge la consapevolezza che «nella società italiana di domani i figli degli immigrati giocheranno un ruolo importante», per cui «il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato italiano è solo una condizione, certo necessaria ma non sufficiente, per una piena interazione/integrazione delle seconde generazioni».
Attorno a quest’analisi e alla proposta di cittadinanza ai minori il mondo cattolico radunato a Reggio Calabria si è ritrovato unito. Per un cristiano impegnato in politica - è stato detto in quella sede - l’inclusione degli stranieri è uno dei “valori non negoziabili”. Eppure la politica, quella che avrebbe la forza per decidere, non sembra affatto intenzionata a muoversi in questa direzione. Quella stessa politica, che ama richiamarsi ai valori cristiani della nostra tradizione, finge di non sentire quello che chiedono i cristiani in carne ed ossa, le associazioni cattoliche, gli organismi pastorali della Chiesa italiana. Benedetto XVI lo ha detto con chiarezza anche in questa occasione: è necessario passare dalla fase dell’emergenza a quella dell’integrazione; le persone che vengono nel nostro Paese devono potersi integrare «con il loro lavoro e il patrimonio della loro tradizione», senza cioè dover rinnegare se stessi, per contribuire con il loro «protagonismo» alla costruzione di una «società migliore».
Anche queste parole rimarranno probabilmente inascoltate, perché permane in realtà, malgrado le dichiarazioni, una lettura “neopagana” del problema migratorio, come se la fede in questo ambito non avesse alcuna rilevanza pubblica. Di fatto, sulla questione migratoria, è la Lega ad esercitare oggi in Italia una vera egemonia culturale e politica. A detrimento dei diritti di cittadinanza di tutti, nativi e migranti.
Quale sia oggi il “sentimento” dei cattolici italiani nei confronti dei figli degli immigrati lo si evince inequivocabilmente da queste parole, contenute nel Documento preparatorio: «Per i loro genitori fare famiglia e figli in Italia è stato un atto importante, un modo per provare ad annodare il loro futuro al nostro. Quei bambini rappresentano per noi un frutto stupendo di quell’atto di fiducia e speranza. Rappresentano una realtà e una disponibilità che non debbono essere ignorate. Costituiscono forse il punto più giusto e più urgente da cui ripartire». Un sentimento al quale si aggiunge la consapevolezza che «nella società italiana di domani i figli degli immigrati giocheranno un ruolo importante», per cui «il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato italiano è solo una condizione, certo necessaria ma non sufficiente, per una piena interazione/integrazione delle seconde generazioni».
Attorno a quest’analisi e alla proposta di cittadinanza ai minori il mondo cattolico radunato a Reggio Calabria si è ritrovato unito. Per un cristiano impegnato in politica - è stato detto in quella sede - l’inclusione degli stranieri è uno dei “valori non negoziabili”. Eppure la politica, quella che avrebbe la forza per decidere, non sembra affatto intenzionata a muoversi in questa direzione. Quella stessa politica, che ama richiamarsi ai valori cristiani della nostra tradizione, finge di non sentire quello che chiedono i cristiani in carne ed ossa, le associazioni cattoliche, gli organismi pastorali della Chiesa italiana. Benedetto XVI lo ha detto con chiarezza anche in questa occasione: è necessario passare dalla fase dell’emergenza a quella dell’integrazione; le persone che vengono nel nostro Paese devono potersi integrare «con il loro lavoro e il patrimonio della loro tradizione», senza cioè dover rinnegare se stessi, per contribuire con il loro «protagonismo» alla costruzione di una «società migliore».
Anche queste parole rimarranno probabilmente inascoltate, perché permane in realtà, malgrado le dichiarazioni, una lettura “neopagana” del problema migratorio, come se la fede in questo ambito non avesse alcuna rilevanza pubblica. Di fatto, sulla questione migratoria, è la Lega ad esercitare oggi in Italia una vera egemonia culturale e politica. A detrimento dei diritti di cittadinanza di tutti, nativi e migranti.

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