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venerdì 5 agosto 2011

SCIOPERO: Nardò, sciopero a oltranza: "No ai caporali" 'Rischio Rosarno' nelle polveriere del Sud

Per il terzo giorno consecutivo gli immigrati stagionali non sono scesi nei campi: lottano per paghe decenti e contro lo sfruttamento. La mappa delle tensioni nelle province del Mezzogiorno

 

Sono al terzo giorno di sciopero "delle braccia". Anche oggi i migranti presenti nella masseria Boncuri di Nardò, in provincia di Lecce, non sono scesi nei campi a raccogliere i pomodori. Lottano contro le paghe da fame, lontanissime dai livelli del contratto nazionale, e lo sfruttamento dei caporali, che spesso 'si mangiano' anche quel poco che i migranti riescono a mettere insieme a fine raccolta.

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Una protesta, quella dei migranti, che fin dall'inizio è stata appogggiata dalla Cgil provinciale, che prima dell'avvio della stagione di raccolta aveva richiesto misure contro il caporalato e a favore dei lavoratori. "Anche questa mattina i lavoratori presenti nella masseria Boncuri, vicino Nardò, in provincia di Lecce - spiega Antonella Cazzato, segretaria confederale della Cgil di Lecce - si sono astenuti dal lavoro e dalla raccolta di pomodori". La protesta, dice Cazzato, "è una cosa importantissima, perché testimonia una presa di coscienza da parte dei migranti, che lavorano quasi sempre senza una contratto regolare, e guadagnano solo 3,50 euro a cassone di pomodori raccolti, e quindi 100 chili. Senza contare che i migranti, per poter lavorare - sottolinea la sindacalista - devono pagare 5 euro l'uno ai caporali per essere portati sui campi".

FOTO NELLA MASSERIA DEGLI IMMIGRATI

La protesta di Nardò conferma i risultati di una ricerca dell'Ires Cgil che metteva in guardia dal 'rischio Rosarno' in molte province del Mezzogiorno. "Equilibri distorti sul territorio, dal punto di vista economico e sociale, determinano l'inevitabile esplosione di tensioni così come è stato a Rosarno nel gennaio dello scorso anno e così come sta accadendo in questi giorni in diversi territori, specie a Nardò in provincia di Lecce", sottolinea la Cgil. La ricerca su 'Immigrazione, sfruttamento e conflitto sociale', assumendo i fatti di Rosarno come paradigma di riferimento, ha mappato i "territori a rischio di conflittualità sociale" aggregando quattro indici (qualità dello sviluppo economico, occupazionale, sociale e dell'insediamento della popolazione straniera), arrivando così alla conclusione che "in alcune zone del Mezzogiorno ci sono delle potenziali 'nuove Rosarno', vere e proprie polveriere".

L'esistenza di profondi squilibri, spiegava lo studio, è da ricercare "nella crisi economica, nelle condizioni di lavoro particolarmente dure al limite della schiavitù, in un sistema d'impresa in cui la contrazione del costo del lavoro è l'unica risposta per migliorare la competitività e in cui il peso del sommerso è sempre maggiore, nelle connivenze con la criminalità organizzata e nella mancanza di controlli da parte delle istituzioni". La mappatura dell'istituto di ricerche della Cgil ha prodotto quindi la classifica delle quindici provincie italiane a maggior propensione rischio di conflittualità sociale. Dalla prima all'ultima: Caserta, Crotone, Napoli, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Reggio Calabria, Salerno, Catania, Trapani, Foggia, Taranto, Palermo, Agrigento e Lecce. "Tutte province del Mezzogiorno - conclude la Cgil - che condividono tra loro le caratteristiche socio-economiche affini al modello di partenza, Rosarno in Calabria e, adesso, Nardò in Puglia". 

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